21 de fevereiro de 2011

Remodelação do escritório



O escritório na Rua Elísio de Melo está neste momento em remodelação. A conclusão dos trabalhos está prevista para o fim do mês de Julho.

Até regressarmos às nossas instalações, estaremos contactáveis através dos telefones 912.176.625 e 918.104.321 e do endereço de correio electrónico info@mavaa.com.

7 de fevereiro de 2011

Progettare in un contesto urbano: riferimenti ed esperienze


Artigo escrito para o livro LUCCHESI, Fabio e CARTA, Massimo: Il corso di progettazione urbanistica 2009/2010: Una esperienza, CreateSpace, 2010


ARCHIVIO

«L’apprendistato dell’architettura implica un allargamento dei riferimenti.» Álvaro Siza

L’esercizio della progettazione si rapporta direttamente alla capacità di osservare e al bagaglio culturale di colui che lo compie. Da un lato, è imprescindibile sapere dove guardare e sapere come farlo. Riuscire ad identificare i punti critici di un determinato contesto e le sue valenze irrinunciabili, capire con quali elementi stabilire punti di contatto e situazioni di contrasto. Dall’altro, ogni contesto e ogni problema – nonostante tutte le specificità che possono contenere – istituiscono parallelismi e similitudini con altre realtà ed altri problemi, ai quali altri progetti hanno già cercato di dare risposta. È questa l’utilità di conoscerli e di analizzarli, cercando di imparare sia dalle naturali differenze, sia dagli eventuali punti di contatto.

Occorre, perciò, allo studente di architettura o di urbanistica, procedere ad una raccolta di exempla che costituisca una sorta di biblioteca ideale di progetti, non destinata – come si è sempre fatto – alla semplice ammirazione e imitazione, ma bensì all’analisi e all’apprendistato, in quanto fonte di riflessioni su determinati temi.

Un archivio che permetta di procedere ad un’interpretazione degli elementi che costituiscono ogni progetto e al confronto tra diversi progetti con presupposti, contesti o programmi simili, interrogandosi sui suoi perché, sulle sue motivazioni. In effetti, il valore intrinseco ad un progetto in quanto elemento comunicativo con capacità pedagogica risiede non tanto sul prodotto finale – le opere ed i progetti – ma soprattutto nella lettura dei processi e delle idee che lo hanno generato ed hanno alimentato la sua produzione. Perciò più difficile, ma più utile per il nostro lavoro, è costruire ed ordinare «l’archivio con l’intenzione di indagare ciò che entro determinate condizioni locali, sociali, economiche ed istituzionali, il concreto esercizio di una professione quale quella dell’architetto e dell’urbanista, ha consentito di dire.» (1)

L’esercizio dell’interpretazione non sempre è evidente, poiché i fattori che concorrono alla costituzione di ogni progetto sono molto variegati e le intenzioni originali dei loro autori molte volte non sono facilmente leggibili nel prodotto finale. Perciò, si rischia spesso di caricare le opere di una visione personale, eventualmente dislocata nel tempo e di fare in tal modo letture inserite in un contesto di rapporti sociali che, nel frattempo, avranno confermato o smentito le intuizioni originali di ogni progetto.
Però, «indipendentemente dai loro autori, i progetti sono stati e verranno sempre giudicati da chi è stato esterno al processo della loro produzione per i modi nei quali hanno accolto ed accolgono o rifiutano le innumerevoli pratiche che percorrono la città e la società.» (2)

Questo esercizio vale per l’interpretazione del lavoro altrui, per la conoscenza che ne consegue e per l’allenamento di analisi, sintesi e critica che questa operazione comporta: strumenti fondamentali nell’attività progettuale.

Nonostante non ci siano regole per orientare un processo progettuale, poiché si tratta di un percorso con un carattere fortemente individuale e variegato, è opinione condivisa che il punto di partenza sia un’idea forte che supporti il progetto. Che, intorno a quest’idea motrice, si costruisca un “racconto” che aggiunga delle altre motivazioni e poesia al semplice tentativo di dare una risposta pratica ed efficace ad un determinato programma.

Non meno calzante sarà dire che quest’idea forte deve essere semplice per quanto possibile e contaminare ogni elemento del progetto con grande coerenza e semplicità. Come mi hanno insegnato all’università, «un buon progetto è un progetto che si riesce a spiegare in una bustina di zucchero» perché, per dirlo con Wittgenstein, «Qualunque cosa che può essere detta, può essere detta in modo chiaro».

Infine, si tratta di riunire tutti i dati possibili per costruire un “indovinello” e poi riuscire a dargli una risposta che lo trasformi in qualcosa di ovvio. (3) Il progetto deve avere la capacità non solo di rispondere ai problemi proposti, ma anche di apparire naturale al contesto nel quali si colloca. Da lì deriva la sua difficoltà, quella di “immaginare l’evidenza”. (4)

Solo tramite una continua analisi del nostro lavoro e del persistente tentativo della sua sintesi riusciamo a mantenere il filo conduttore. Il talento sta nel non perdere la strada della bellezza in questo lungo percorso...

RIFERIMENTI

La soluzione sta nel luogo (ma anche l’autore sta nel luogo)

È indiscutibile l’importanza di un luogo per il progetto: esso contiene una serie di caratteristiche fisiche e di contesto che condizionano fortemente e danno senso alla nostra attività. Occorre, perciò, visitarlo e studiarlo attentamente per comprendere la sua struttura, il suo funzionamento nell’organismo in cui si inserisce, la topografia del terreno, i rapporti di scala che vi si stabiliscono, ma anche per capire le questioni di identità, socio-culturali, di abitudini e di memoria che emergono soltanto in un approccio fenomenologico – se vogliamo, il genius loci di un posto.

Però, un luogo non parla, è un dato del problema, «il luogo è un presupposto, uno strumento per il progetto.» (5) Per questo motivo, la soluzione non può stare nel luogo/contesto, ma bensì in colui che, visitandolo, porta con se la sua memoria, una visione politica e sociale e la sua cultura architettonica. E, nel mondo globale di oggi, ci può essere più vicino un fatto prodotto a migliaia di kilometri di distanza, rispetto ai riferimenti locali o agli eventi che succedono nel nostro intorno. Possiamo sentire maggiore affinità con un’architettura o un modello urbano elaborato su determinati presupposti teorici, indipendentemente del luogo della sua produzione.

«Ormai non possiamo usare le parole contesto, riferimento, marca o gruppo riferendole soltanto all’intorno fisico più prossimo, alla regione che si stente intorno al nostro braccio. Ciò nonostante, globalizzazione non significa necessariamente la perdita delle tonalità, perché non genera spazi astratti, sprovvisti di riferimenti o non-luoghi.» (6)

Sta nel buon senso determinare ciò che nelle altre esperienze può essere pertinente per la nostra. Cosi come sta nel buon senso il mantenimento di una visione realistica e pragmatica della città e del mondo, con i suoi problemi e suggestioni. Queste sono condizioni essenziali per mantenere l’autonomia disciplinare del progetto in quanto attività artistica e creativa, senza cadere in un eccesso di auto-referenzialità, accusa spesso rivolta in tono dispregiativo agli architetti ed agli urbanisti.

ESPERIENZE

Nella prima esercitazione, si è proposta la lettura di una serie di casi di studio agli studenti con l’obiettivo di motivare un’interpretazione critica ed una comprensione di vari esempi di progettazione urbana. Si è scelto deliberatamente di prendere casi distanti sia dal punto di vista geografico – da Venezia, al Giappone, a Berlino e a San Francisco – che temporale – dal Quartiere Z.E.N. degli anni ’70 fino al Piano particolareggiato di Antas, realizzato all’occasione del campionato europeo di calcio del 2004.

In effetti, l’espressione “progetto urbano” non è nuova, ed il tipo d’intervento a cui si riferisce è cambiato in maniera significativa nel tempo. Come ci racconta Nuno Portas (7), nei primi anni sessanta – partendo forse dalle esperienze del Team X – è servita per riferire i progetti unitari di architetture di grandi dimensioni che cercavano di rappresentare, nonostante i propri limiti fisici, una nuova forma per la città moderna rifiutando l’urbanistica degli stati assistenziali del secondo dopoguerra. In qualche modo si cercava una continuità, tramite concezioni tridimensionali e architetture d’autore, della città con la periferia.

Una seconda generazione del progetto urbano emerge con la crisi degli anni settanta, attraverso interventi puntuali, solitamente di natura comunale e non più statale. Sono sempre progetti riconoscibilmente d’autore, però questa volta iscritti in tessuti preesistenti – ne è un bell’esempio l’IBA di Berlino. I limiti trovati in queste esperienze risiedono nell’insufficienza di queste strategie rispetto ai nuovi ambienti urbani (determinati dalla competizione, coesione e sostenibilità).

Perciò la terza generazione di progetti urbani si distingue dalle precedenti, non per dimensione né per composizione funzionale dell’intervento, ma piuttosto per i programmi e le opportunità presentate, per i processi e meccanismi messi in campo e per il rapporto non subordinato tra progetto e piano, cioè, per lo stile di pianificazione del nuovo progetto.

È importante tenere presente quest’aspetto nell’interpretazione di ogni caso di studio perché, alla fine, un progetto urbano non emerge come un progetto architettonico compiuto, ma più che altro come un programma urbanistico, «un concetto, un modo di intervento, che investe gli strumenti di pianificazione e di progettazione secondo il contesto, che si adatta ai gradi di certezza o di incertezza calibrando quanto regolare e quanto no. La strategia di adeguamento al contesto è contenuta nel programma e ne rappresenta forse la parte più significativa.» (8)

In particolare, i recenti interventi di rinnovo urbano hanno messo al centro dei processi il ruolo strutturante dello «spazio pubblico inteso come progetto fisico dei luoghi collettivi e ne palesano il carattere di autonomia in relazione ai progetti edilizi che si succedono nel tempo e che non offrono molti gradi di certezza.» (9)

I progetti sono generalmente concepiti come “geometrie variabili” (10) e per fasi progressive, in accordo con le risorse disponibili e le nuove opportunità che si potrebbero manifestare, rispondendo così ai diversi gradi di incertezza che la città contemporanea oggi pone. Il progetto urbano «non è né un piano urbanistico né un progetto architettonico. È un progetto che definisce la forma e il contenuto di un frammento di città, dallo spazio pubblico fino all’architettura, in terminibase abbastanza precisi, a partire dai quali si può procedere alla successione di progetti fino alla loro esecuzione. Si definisce lo spazio pubblico, si determinano le caratteristiche funzionali e simboliche...». (11)

  1. SECCHI, Bernardo: Diario di un urbanista, Planum, http://www.planum.net/topics/secchi-diario.html
  2. SECCHI, Bernardo: op.cit.
  3. FIGUEIRA, Jorge: scheda no 67, in GADANHO, Pedro (coord.): Habitar Portugal 2006-2008, MAPEI/Ordem dos Arquitectos, Lisboa, 2009
  4. SIZA, Álvaro: Immaginare l’evidenza, Laterza, Roma- Bari, 1998
  5. Eduardo Souto Moura intervistato da Paulo Pais, in ANGELILLO, Antonio: Eduardo Souto Moura, Editorial Blau, Lisboa, 1996, p. 28
  6. SORIANO, Federico, PALACIOS, Dolores: Es pequeño, llueve dentro y hay hormigas, Actar, Barcelona, 2000, p. 60
  7. PORTAS, Nuno: L’emmergenza del progetto urbano, in “Urbanistica 110”, INU, Milano, 1998
  8. PELUCCA, Bruno: Progetto e rinnovo urbano nella città contemporanea: il caso del Portogallo, tesi di Dottorato di Ricerca in Progettazione Urbana Territoriale e Ambientale, Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio, Firenze, p. 10
  9. PELUCCA, Bruno: op.cit., p. 4
  10. PORTAS, Nuno: Rigenerazione e progetto urbano, in Atti del convegno “Le qualità nei progetti di trasformazione urbana. Esperienze a confronto”, Genova, 2004
  11. PORTAS, Nuno: Interpretazioni del progetto urbano, in “Urbanistica 110”, INU, Milano, 1998

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